Luoghi della memoria (1998-2000)


Da: “Quaderni di Fotografia” CF MicroMosso Dicembre 2011

“La verità non può venire al mondo nuda, anzi è venuta nei simboli e nelle figure.
C'è una rinascita, e c'è rinascita in figure.
In verità essi dovranno rinascere in grazia della figura”.
(Vangelo gnostico di Filippo)

Ponendoci di fronte alle immagini di Angelo Zzaven, iniziamo immediatamente a trattenere il respiro perchè esse esitano a mostrarsi, attendono impazienti il dono del nostro sguardo.
E' il caso anche di questi “Luoghi della memoria”.
Essi contengono tempo e mantengono verità verso l'assoluto, insieme ad una certa grazia piena di disclessica visualità.
Eppure offrono un riparo dall'ovvio e rimandano un ad continuum visivo e sonoro, richiamando quel perenne luogo vuoto dell’anima, che deve prima o poi essere ripreso nelle proprie mani, per mostrarsi alla piena vita.
Queste sono scale affrontate con piccoli piedi, corrimani e spiagge e piante, quelle che, come natura imprigionata alla luce, cercano di nascondersi alla vorace dilatazione dell’occhio,  intimidite dalla pienezza univoca del presente.
Paradosso dell’immagine Zzaveniana, esse possono iscriversi sia al registro del documento storico e biografico, come a quello sperimentale della ricerca onirica e psichica.
Egli così facendo, si “prende gioco” di sé, richiamando l’egoigo mistero della memoria, che si insinua come nostos, rimandandola poi ingrandita a noi che meditiamo, certi di capire di fronte a queste fotografie.
Immorali per nitidezza e crude per attinenza al luogo, il loro significato ci giunge tramite la somiglianza delle differenze, incastrandoci coerentemente in una rete uniforme di “noncolore”.
Ma la verità più estrema risalta tutta intera in quell’altalena, unica giocosità davvero liberante al cielo, unico spazio del diletto di un tempo/bambino che pare imprigionato tra il ferro e i rami scarni del mondo, di un’isola che non concede fughe.
L’assulutezza che trasmettono è proprio nella ricerca di quell’isola interiore, in quella foto quasi sognante di una spiaggia tutta propria, egoico pensiero appunto, dove potersi sentire lontano dagli adulti per fantasticare in assoluto, per scoprire tutto di sé, nudi al sole.
Ma come dice Filippo nel suo Vangelo gnostico, la verità non può venire al mondo nuda, rinasce in figure.
Ecco allora perché, queste figure aspirano a verità, perché il senza tempo è, e il tempo non è ancora. L’uomo c’è ma ancora non (si) vede.
Come piccole particelle, portano in grembo una rinascita forse sofferta, un dare luce senza nitidezza, come gli occhi di un bambino nei primi istanti di vita, che per chiusura mantengono aperti speranza e futuro, come i cancelli del cielo e i tramonti di senso.

                                   Giulia Berardi, Gianni Mazzesi, Vania Paganelli, Lucia Pulvirenti

2 commenti:

  1. Ho scoperto questo tuo spazio, (adesso prendo nota), attraverso il blog di Susanna e con piacere ho fatto un altro viaggio tra i tuoi emozionanti lavori.

    Vania Paganelli

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ... grazie Vania due volte per il commento e per la bellissima sorpresa che mi avete regalato sul quaderno di Fotografia di Dicembre...
      un abbraccio
      Angelo

      Elimina