La forma dei pensieri 2001

Dalla mostra “Rumori”“La forma dei pensieri” 
Catania, maggio 2004
presentazione di Carmelo Bongiorno

Nel linguaggio della Fotografia contemporanea la direzione dello sguardo va spostandosi sempre più verso una visione introspettiva del reale, tendendo ad una personale interpretazione dell’universo circostante piuttosto che ad una sua chiara rappresentazione. 
Del resto, già 150 anni fa, Julia Margaret Cameron agli albori della fotografia realizzava i suoi ritratti sfocando parzialmente i personaggi per conferire all’immagine maggior fascino, nell’intento (forse allora inconscio) di utilizzare la sua fotocamera come strumento d’espressione e non come mezzo di pura e distaccata trascrizione del visibile.
E chi, ancora oggi, non volesse riconoscere alla Fotografia le sue evidenti e molteplici possibilità di interpretazione (che si utilizzi o meno la sfocato, il colore o il bianco nero) è solo chi ne nega e disconosce la storia e non possiede quell’apertura mentale indispensabile per accostarsi all’arte.
Nel suo attento e ricco programma espositivo, i due autori che ci presenta la galleria Carta Bianca si collocano senza dubbio nella corrente della più “disinibita” fotografia contemporanea, quella corrente cioè che negli ultimi decenni vanta già nomi riconosciuti e che, superando tutti i presunti limiti di rappresentazione affibbiati da grigi “censori dell’immagine”, si pone come uno dei più liberi e puri linguaggi dell’anima.
Mario Valenti e Angelo Zzaven, attraverso l’essenzialità e il rigore del bianco e nero, ci propongono oggi la loro ricerca esistenziale vissuta sul filo di un comune sentire, un legame che è chiara espressione della contemporaneità e delle percezioni che essa produce: pur nelle loro evidenti diversità i due autori sono infatti accomunati da una tattile sensazione di incertezza a cui porta inevitabilmente la vita quotidiana così come dalla forte volontà di rivolgere l’obiettivo verso se stessi in un’inevitabile introspezione che è il solo mezzo per comprendere il mistero.
In questo senso, “Rumori”, il titolo della mostra, chiarisce oltremodo le intenzioni e la direzione della ricerca di Zzaven e Valenti: le loro immagini sono contaminate dai segnali di una contemporaneità che genera innumerevoli rumori di fondo, tracce che lasciano un’impronta sulla sensibilità e nello sguardo dei fotografi prodotte da tutto ciò che ci circonda, dai giornali ai monitor, dalla radio agli schermi televisivi, dalla strada a internet, per poi dissolversi e divenire fotografia.
Angelo Zzaven sfoca totalmente la scena ripresa per dare forma ai suoi pensieri come egli stesso afferma nel titolo di una sua pubblicazione, astrae la realtà per trasformarla e farne un proprio territorio; luoghi, figure e particolari divengono composizioni di ombre e di luci, dense materie che ribaltano la dimensione del reale per divenire puri stati d’animo, sensazioni, brevi e fugaci percezioni che oltrepassano la materia.
Mario Valenti allo stesso modo astrae i suoi soggetti, ma attraverso il mosso e lo sfocato, indaga sul chiarore abbacinante che investe soprattutto le figure umane, ne penetra lo sguardo per scrutarne l’anima, ne rende i tratti irriconoscibili: i luccichii negli occhi dei suoi ritratti rendono i visi maschere inquietanti dai contorni indefinibili, e scie di luce emergono dall’oscurità spiazzando l’osservatore sulla loro provenienza, tracce di qualcosa che forse è durato solo un attimo, brevi eventi sospesi nella mente dell’autore.
Percorsi paralleli e lontanissimi quelli di Zzaven e Valenti, emulsioni dell’anima trasferite su carta fotografica.




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